La Menopausa – Nutrizionista e Ostetrica a confronto

Con la prima mestruazione la donna scopre il suo potere, durante gli anni del ciclo mestruale vive il suo potere, giunta alla Menopausa si trasforma in quel potere”

Prima di parlare di menopausa vorrei partire sdoganando un concetto molto comune, ovvero: non è inevitabile l’aumento di peso in menopausa. 

Ma allora perché la maggior parte delle persone lo pensa?

In menopausa avviene un cambiamento dell’equilibrio ormonale, in particolare si verifica una carenza di estrogeni, questa, combinata all’avanzare dell’età, può causare diversi fattori:

  • Una progressiva diminuzione della massa muscolare
  • Un aumento della massa grassa
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Questi due fattori portano ad un abbassamento del metabolismo basale, a questo si aggiunge il fatto che man mano che aumenta l’età si tende a fare sempre meno attività fisica, tutto ciò può portare ad un aumento del peso.

Il cambiamento più significativo in menopausa è rappresentato dall’aumento della distribuzione del grasso nell’addome, quella che viene chiamata forma a mela. 

Questa conformazione, al contrario della forma a pera (che prevede un accumulo di grasso nei fianchi e nei glutei) è associata a una maggior resistenza all’insulina e ad alterazioni dell’assetto lipidico, quindi del livello di colesterolo e dei trigliceridi nel sangue. Questi sono fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e il diabete.

La carenza di estrogeni porta anche a una minore densità e resistenza ossea. Con l’aumento dell’età, inoltre, si riduce l’assorbimento intestinale del calcio e aumenta la sua perdita attraverso i reni, questo impoverisce ancora di più lo scheletro, predisponendo all’insorgenza dell’osteoporosi.

Si definisce osteoporosi un aumento del rischio di fratture spontanee o indotte da traumi anche lievi. Questa patologia riguarda quasi la metà delle donne sopra i 70 anni, per questo è stata definita dall’OMS uno dei principali problemi di salute pubblica, a causa della sua grande diffusione e per le grosse conseguenze sanitarie.

Cosa fare quindi per contrastare l’aumento di peso e il rischio di osteoporosi? Occorre lavorare sullo stile di vita.

1. Adeguare l’apporto calorico

Scegliere alimenti poco energetici ma più ricchi di micronutrienti come vitamine, Ferro, Calcio ecc. come la frutta, la verdura, latte e yogurt scremati, il pesce, i legumi, la carne magra, il pane, la pasta e i cereali nelle giuste quantità. Occorre invece limitare gli alimenti molto calorici come i dolci e i grassi da condimento.

2. Fare un’adeguata attività fisica

Il nuoto, la ginnastica o la camminata non solo migliorano l’umore, ma anche i parametri come la glicemia, il colesterolo nel sangue e l’ipertensione associati alle malattie metaboliche, in più permettono di mantenere la massa muscolare e contrastare l’aumento del peso e la perdita di massa ossea.

3.Usare poco sale

Se nella popolazione adulta il quantitativo consigliato di sale è di 5 grammi al giorno, in menopausa, per far fronte al problema dell’ipertensione, non supera i 4 grammi al giorno. Questa quantità comprende il sale aggiunto agli alimenti e quello contenuto negli alimenti processati.

4.Consumare alimenti ricchi di Calcio che siano però poveri di grassi e calorie, ed esporsi al sole per la sintesi della vitamina D, fondamentale per il metabolismo del Calcio

Nel nostro immaginario collettivo gli alimenti ricchi in Calcio sono i formaggi, ricchi però di grassi e di sale, per questo è opportuno limitarli prediligendo altri alimenti come il latte e lo yogurt scremati, il pesce (che è ricco anche di omega 3, quindi molto utile nella prevenzione cardiovascolare), alcuni tipi di frutta secca e legumi, verdure come broccoli e cavoli e soprattutto, un’importantissima fonte di Calcio è l’acqua del rubinetto e alcune acque in bottiglia.

In conclusione, con qualche piccolo sacrifico in più sullo stile di vita, è possibile contrastare l’aumento del peso a cui è legata questa delicata fase della vita.

Dopo questa approfondita spiegazione sull’utilità di un cambiamento dell’alimentazione in menopausa possiamo passare a fare maggiore chiarezza sulle definizioni…ossia: quando possiamo dire di essere entrati in menopausa?

Si può parlare di menopausa dopo che si è verificata l’assenza del ciclo mestruale di un’anno solare (in media si verifica a 41/44 anni).

Esiste un periodo, che può durare dai 2 ai 10 anni, definito peri-menopausa: durante questo possono cominciare a verificarsi i primi segnali di cambiamento corporeo ( secchezza vaginale, aumento della pressione, ciclo mestruale che salta di tanto in tanto…) ma non è affatto sicuro che questi disturbi si verifichino…e in caso di mancanza di sintomi la TOS (Terapia Ormonale Sostitutiva) non è raccomandata.

In caso contrario tuttavia si può tranquillamente assumere : gli studi fatti sui possibili rischi di aumento del tumore alla mammella si sono rivelati poco indicativi poiché svolti su una fascia di età troppo elevata. Inoltre esistono nuovi tipi di terapie sostitutive che non prevedono l’utilizzo diretto di estrogeni ma di modulatori selettivi di alcuni loro recettori (che stimolano, per esempio, i recettori degli estrogeni nel tessuto vaginale ma non in altri tessuti come utero o mammelle). 

L’efficacia della terapia sostitutiva si vede comunque nella breve durata e può essere sospesa in post-menopausa ( dai 50/54 anni in poi).

I sintomi maggiormente riferiti dalla donna in menopausa sono:

-Vampate di Calore

-Vertigini

-Sbalzi dell’umore

-Cambiamenti della pressione.

I trattamenti non farmacologici per i sintomi come questi- sono la Cimifuga Racemosa e il Trifoglio Rosso insieme a una PARTICOLARE ATTENZIONE AL CAMBIAMENTO DEL FABBISOGNO ENERGETICO RICHIESTO DAL CORPO.

Da porre particolare attenzione alla:

-Distrofia Vaginale

-al Pavimento Pelvico.

Il crollo degli estrogeni rende i tessuti vaginali secchi e an-elastici predisponendo a cistiti ricorrenti da lesioni uretrali e a ragadi vaginali e anali. Si può notare in alcune donne la comparsa della cosiddetta caruncola uretrale (sembra una piccola escrescenza rossastra a livello dell’uretra), indice di grosso deficit di estrogeni a livello dei genitali esterni. Diventa dunque ancora più importante detergersi con saponi a pH adeguato all’età della donna (in questo periodo più basico rispetto le epoche precedenti) e trattare i genitali attraverso auto-massaggi con gel a base di acido ialuronico, iberico, ozono o semplicemente con olio di mandorle dolce spremuto a freddo con qualche goccia di lenitivo (lavanda, camomilla, malaleuca ecc).

Una particolare attenzione va dedica al PAVIMENTO PELVICO: Infatti in menopausa vengono a presentarsi più frequentemente disturbi quali incontinenza urinaria, incontinenza ai gas e feci, dispareunia (dolore durante i rapporti) prolassi pelvici e stipsi cronica.

Questo spesso accade non perché la menopausa sia la causa di ogni male…ma perché si sono portate avanti situazioni già presenti senza mai aver fatto alcun intervento di Riabilitazione del Pavimento Pelvico.

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Il mio pensiero che a livello sociale venga fatta poca informazione riguardo alla Menopausa e ai cambiamenti che porta…e credo che come qualsiasi altra tappa di vita della donna (vedi Adolescenza, Gravidanza e Post-Partum) ci sia bisogno di sostegno e cura. Spesso nel mondo Occidentale a questa fase della vita della donna non viene data la giusta attenzione e cura ed è un peccato perché come ho scritto nella frase introduttiva “In Menopausa la donna si trasforma in quel potere”…e ha bisogno di esprimerlo.

Dott.ssa Ilaria Stradi (Biologa Nutrizionista)

Dott.ssa Urso Valentina (Ostetrica, Specializzata in Riabilitazione del Pavimento Pelvico)

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Ode alla stagionalità

Mai come in questo periodo si tende a prestare tanta attenzione all’impatto ambientale delle nostre scelte alimentari. Come ricordo spesso ai pazienti: dal supermercato parte tutto, è quello che metti nel carrello che fa la differenza, in chi lo mangia, ma soprattutto nell’ambiente in cui viviamo. Il cibo non nasce al supermercato, si porta dietro una storia, più o meno lunga, più o meno impattante. In base alle scelte alimentari che facciamo possiamo portare più o meno vantaggi a noi stessi e all’ambiente.

Sappiamo tutti che dovremmo impegnarci a mangiare prodotti freschi e di stagione, anche se nei supermercati tutto è presente in ogni momento, ma ci siamo mai soffermati a capire perché? In questo articolo (link) ho spiegato il motivo per cui è opportuno ridurre l’uso di verdure in busta, prediligendo quelle fresche, preferibilmente senza imballaggi.

Qualche mese fa, leggendo un libro, ho letto una riflessione sulla stagionalità molto interessante, secondo cui la terra è in grado di darci ciò di cui abbiamo bisogno in quel momento. Pensiamo ad esempio all’autunno e all’inverno, con l’arrivo graduale del freddo, compare la frutta più calorica, come uva, fichi e castagne. Tra gli ortaggi troviamo sempre più radicchi, verze e cavoli, alimenti composti da zolfo, e da frutti ricchi di vitamina C, come gli agrumi, tutti questi aiutano a migliorare le difese immunitarie e proteggono le vie aeree. In primavera e in estate poi, le temperature aumentano, tendiamo a essere man mano più attivi, ecco quindi che compaiono frutti e ortaggi poco calorici, ricchi di acqua e di vari colori in gradi di rifornirci di minerali e vitamine per far fronte all’aumentata sudorazione e  per proteggere la pelle dal sole.

Alla luce di tutto ciò, la stagionalità ha più vantaggi, sotto numerosi punti di vista, vediamo meglio.

  • Fa bene a te

la stagionalità è sinonimo di più gusto, infatti un prodotto fresco ha un maggior sapore rispetto a quelli che restano a lungo nelle celle frigorifere, o trasportati per lunghe distanze. La frutta e la verdura fresche hanno proprietà che superano nettamente quelle delle verdure conservate, e questo implica un maggior apporto di vitamine e minerali

  • Fa bene al tuo portafoglio

Per fare in modo di mangiare tutta la verdura in tutti i mesi dell’anno, saranno indispensabili maggiori costi. Questi derivano dall’uso maggiore di pesticidi o di serre riscaldate per far crescere gli ortaggi fuori dalla loro stagione. Ulteriori costi derivano dalla conservazione in celle frigorifere o  dal trasporto nel caso in cui il prodotto sia stato coltivato in un paese lontano.

  • Fa bene all’ambiente

L’utilizzo di serre o celle frigorifere o di trasporti che coprono lunghe distanze ha un grosso impatto sull’inquinamento ambientale. Inoltre, il rispetto dei ritmi naturali di accrescimento riduce l’uso di pesticidi e fertilizzanti per una crescita continua del prodotto.

Ricordiamoci quindi di imparare ad assecondare questi ritmi biologici, i vantaggi, come abbiamo visto, sono tantissimi.

Allergia al grano, celiachia o sensibilità al glutine? Facciamo un po’ di chiarezza

Il grano è il cereale più coltivato al mondo, appartiene alla famiglia delle graminacee e ha un chicco formato per un 10-15% da proteine come le albumine, le globuline e infine le gliadine e glutenine; queste ultime due rappresentano la maggior parte delle proteine del grano e sono quelle grazie alle quali è possibile il processo di panificazione, in quanto in grado di formare un impasto elastico e capace di trattenere aria.

Allergia al grano

Il grano è il responsabile del 90% delle allergie nel bambino e molto spesso sparisce spontaneamente con la crescita.

Sintomi: possono essere cutanei come dermatite, orticaria, angioedema o sintomi intestinali come vomito, diarrea, dolore addominale, ma anche sintomi respiratori come rinite, asma o anafilassi. In alcuni persone si può andare incontro a un’anafilassi indotta dall’esercizio fisico, in questo caso il soggetto per manifestare i sintomi deve essere sensibile al grano e deve aver svolto attività fisica nelle 4 ore successive alla sua ingestione. Questo tipo di anafilassi si può verificare anche in età adulta.

Diagnosi: si ricercano anticorpi IgE mediante prelievo del sangue o prick test. Dopo questi esami l’allergologo può decidere di fare un periodo di privazione del grano (4-6 settimane) per verificare la scomparsa dei sintomi.

Terapia: eliminazione del grano dalla dieta. Nel 20% dei casi si può verificare una reattività anche ad altri cereali, soprattutto orzo e segale. La strategia di prevenzione in caso di anafilassi indotta dall’esercizio fisico è quella di tenere il soggetto a riposo nelle 4 ore dopo l’ingestione del grano e derivati.

Celiachia

Chiamata anche intolleranza al glutine, la celiachia è una malattia autoimmune scatenata dall’ingestione di glutine. La celiachia è caratterizzata dalla presenza di anticorpi anti-gliadina (una delle proteine del glutine), che viene riconosciuta come patogena scatenando una reazione che porta alla distruzione delle mucose intestinali, con conseguente malassorbimento dei nutrienti.

Sintomi: intestinali quali diarrea, vomito, stitichezza, meteorismo, ci possono essere anche numerosi sintomi extra-intestinali legati al malassorbimento dei nutrienti (scarsa crescita nei bambini, anemia, amenorrea, ipofertilità, poliabortività, dermatiti, orticaria, osteoporosi, rachitismo, alopecia…)

Diagnosi: si effettua tramite prelievo del sangue dove si vanno a ricercare anticorpi anti-gliadina, anti-transglutaminasi IgA e anti-endomisio IgA, al prelevo viene associata la biopsia.

Terapia: dieta rigorosamente priva di glutine da seguire tutta la vita prestando attenzione a evitare le contaminazioni.

Sensibilità al glutine non celiaca o gluten-sensitivity

Nonostante l’esclusione della celiachia o dell’allergia al grano, alcune persone lamentano sintomi intestinali o extra-intestinali, analoghi a quelli citati sopra, dopo l’ingestione del glutine. Questo problema è ancora oggetto di numerosi studi, e prende il nome appunto di sensibilità al glutine non celiaca. Non sono ancora chiari i meccanismi in cui è coinvolto il sistema immunitario.

Diagnosi: escludere la presenza di celiachia e di allergia al grano, poi seguire per diverse settimane una dieta senza glutine e reintrodurlo per verificare la scomparsa e ricomparsa dei sintomi.

Terapia: non ci sono schemi precisi di trattamento di questo problema.

Il consiglio per chi soffre di queste patologie è quello di evitare il fai da te, rivolgersi al proprio medico e valutare se è il caso o meno di togliere il glutine.

Le diete senza glutine, se non impostate in modo equilibrato, possono provocare carenze, per questo può essere utile anche rivolgersi a un professionista dell’alimentazione (dietologo o nutrizionista o dietista) per una consulenza alimentare.

Resta fondamentale, per chi per qualunque motivo è costretto a eliminare il glutine, una buona educazione alimentare, in quanto i prodotti gluten-free possono contenere zuccheri e grassi saturi in quantità eccessive.

 

Granola: una colazione fatta in casa

Al supermercato siamo sommersi da confezioni di cereali e spesso diventa difficile scegliere quelli con meno zuccheri,  meno conservanti, ma con un sapore soddisfacente e un prezzo accettabile.

La granola è una sorta di muesli fatto in casa, che combina diversi tipi di nutrienti in modo da fornire carboidrati complessi, fibra, grassi buoni (polinsaturi), vitamine e minerali, ecco un esempio di ricetta:

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  • 400 g di fiocchi di avena (o fiocchi di riso per chi non può mangiare il glutine)
  • 100 g d fiocchi di grano saraceno
  • 120 g di frutta secca spezzettata (ad esempio 40 g di nocciole, 40 g di noci e 40 g di mandorle)
  • 70 g di cocco grattugiato
  • 4 cucchiai di semi (ad esempio lino o girasole)
  • una manciata di uvetta tagliata a pezzetti
  • 150 ml di miele e/o sciroppo d’acero
  • 4 cucchiai d’olio EVO

Mescolare il tutto in un contenitore poi mettere in forno per 40 minuti mescolando spesso, per ottenere una doratura uniforme.

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La granola costituisce una colazione ideale da abbinare allo yogurt (o al latte o a una bevanda vegetale) accompagnato da frutta fresca come i frutti di bosco, o scaglie di cioccolato fondente. Si può consumare a temperatura ambiente o scaldarla nel latte o nella bevanda vegetale per ottenere una sorta di porridge.

La Vitamina B12

La vitamina B12, o Cobalamina, è una vitamina idrosolubile, ovvero che non viene accumulata nel nostro organismo, perchè eliminata con le urine. Questa vitamina è considerata essenziale per il nostro corpo, in quanto non siamo in grado di sintetizzarla, ma dobbiamo assumerla con la dieta.

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Funzioni

La vitamina B12 serve per la formazione e la crescita dei globuli rossi, ha un ruolo, insieme all’acido folico, nella sintesi del DNA e dell’RNA. Questa vitamina è inoltre fondamentale per il Sistema Nervoso, in quanto partecipa al metabolismo delle proteine e dei lipidi che coadiuvano l’integrità del Sistema Nervoso. La B12 partecipa inoltre al metabolismo dell’omocisteina, un aminoacido che quando si trova in eccesso può danneggiare le pareti dei vasi sanguigni favorendo l’insorgenza di malattie cardiovascolari, ma anche patologie neuro-degenerative e malformazioni fetali.

La carenza di questa vitamina può portare ad anemia megaloblastica, una forma di anemia in cui si ha un minor numero di globuli rossi, che sono però più grandi del normale. Altre conseguenze di carenza si questo micronutriente possono essere le alterazioni del Sistema Nervoso Centrale e Periferico, che si manifestano con depressione, poi disturbi della memoria, fino ad arrivare alla demenza o all’insorgenza di neuropatie. La carenza di B12 può inoltre portare ad un ritardo dell’accrescimento nel bambino.

Le fonti di Vitamina B12

La vitamina B12 viene prodotta dai batteri che vivono sul terreno o nell’acqua, viene poi successivamente assunta dagli animali che si nutrono degli alimenti a contatto con questa vitamina. Nei terreni odierni, a causa dei numerosi trattamenti di igienizzazione, non è più assimilabile, viene quindi prodotta in terreni appositi e addizionata ai mangimi degli animali di allevamento.

In ogni caso, gli alimenti più ricchi di vitamina B12 sono quelli di origine animale, in particolare il pesce, i molluschi e le carni rosse; la B12 presente nei latticini e nelle uova è nettamente minore rispetto a una bistecca. Per intenderci 100 g di vongole contengono 98,9 mg di B12, 100 g di fegato di manzo contengono 83,1 mg di B12, 100 g di salmone contengono 16 mg di B12, 100 g di carne rossa ne contengono 6 mg, 100 g di uova e latticini come yogurt o mozzarella contengono rispettivamente 2 e 0,5 mg.

E’ sconsigliato abusare degli alimenti ricchi in vitamina B12 come carne rossa e molluschi in quanto aumentano il rischio cardiovascolare, per questo motivo, anche una persona onnivora che modera il consumo di carne rossa, molluschi e crostacei, dovrebbe tenere sotto controllo, attraverso gli esami del sangue, il valore della vitamina B12.

Categorie di persone a rischio

le categorie di persone più a rischio di avere una carenza di B12 sono

  • i vegetariani e i vegani
  • le donne in gravidanza, a causa del loro aumentato fabbisogno
  • chi assume farmaci come FANS o cortisonici
  • i soggetti diabetici in terapia con metformina
  • chi ha subito resezioni gastriche o intestinali, e presenta quindi un malassorbimento

Queste categorie di persone dovrebbero controllare i valori di B12 con gli esami del sangue, tenendo inoltre presente che il fegato può accumulare una buona quantità di vitamina B12 e la nostra flora batterica ne può produrre una parte, occorre comunque monitorare nel tempo il livello di questa vitamina perchè la carenza può comparire anche dopo anni.

Gli esami del sangue consigliati dalla Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana sono: emocromo, vitamina B12, acido folico e omocisteina. Successivamente bisognerà valutare l’assunzione di un integratore.

Gli integratori

In commercio sono presenti molti prodotti addizionati di vitamina B12, ad esempio le bevande vegetali e i cereali, ma spesso non viene specificata la fonte, resta quindi più affidabile utilizzare gli integratori.

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Sul mercato ci sono molte forme di vitamina B12, sono tutte di origine batterica e ci sono numerosi prodotti indicati per i vegani, ovvero senza eccipienti di origine animale. Tra le formule di B12 ci sono le gocce, le compresse orali o sublinguali e la B12 per via intramuscolare.

La dose di vitamina B12 da assumere è di 2 mcg al giorno da dividere in 3 volte al giorno, gli integratori sono formulati a diverse concentrazioni a seconda che vengano assunti 1 volta al giorno o 2 volte a settimana.

Il consiglio è quello di comunicare sempre al proprio medico di base se si decide di intraprendere una dieta vegetariana o vegana, lui saprà che esami del sangue prescrivere, inoltre è sempre bene evitare il fai da te e affidarsi al proprio medico o dietologo o dietista o nutrizionista per capire quale tipo di integrazione è più efficacie.

I legumi, questi sconosciuti (parte 2)

Dopo aver visto un po’ meglio quali sono i legumi, le loro proprietà e la loro importanza nella piramide alimentare della Dieta Mediterranea in questo articolo, vediamo meglio alcuni suggerimenti per cucinarli.

Per prima cosa è bene consumarli insieme ai cereali, nello stesso piatto o comunque nella stessa giornata. Tra i cereali ricordiamo: grano, riso,  mais, farro, orzo e avena. L’accostamento legume-cereale è importante perchè ci fornisce tutti gli aminoacidi (ovvero i “mattoni” che compongono le proteine) che ci servono.

Essendo i legumi proteine vegetali rappresentano a tutti gli effetti un secondo piatto, sono quindi un sostituto della carne, non un contorno; rappresentano invece un contorno ideale per primi piatti a base di cereali (ad esempio: pasta e lenticchie, risotto con i piselli).

Come cucinare però i legumi come secondo piatto? Ecco alcuni esempi molto facili.

Nei mesi freddi sono ottimi piatti caldi, come zuppe, minestroni e vellutate.

  • Vellutata di ceci, una ricetta semplicissima che non richiede altro che i ceci, qualche erba aromatica per insaporite, olio EVO e un frullatore. Consumare con 2 fette di pane integrale per accostare legumi e cereali 08831ccc-0be1-49cd-91bd-5d72590f96c6
  • Zuppa di orzo (o farro) e lenticchie, con verdure a piacere, paprika e conserva di pomodoro 6a9826e9-9b2a-45f9-be44-5076b6648416
  • Pasta e fagioli, un piatto sempre molto diffuso nella nostra tradizione, un piatto semplice ma ricco di proprietà, completo e bilanciato Risultati immagini per pasta e fagioli
  • Minestrone o passato di verdure con i fagioli, in questo caso si può aggiungere un cereale a scelta come il riso, o una pastina in brodo, oppure consumare con un po’ di pane integrale Risultati immagini per minestrone

Nei mesi caldi, in cui si prediligono piatti freddi, sono perfetti gli insalatoni o anche l’humus.

  • Le insalate sono i piatti freddi più comuni e più comodi, si può preparare con le verdure di stagione, ceci o fagioli o soia, e un cereale come ad esempio il mais o il farro. Si può inoltre aggiungere qualche noce, che ci permette di avere un buon apporto di omega 3 durante la giornata, soprattutto in chi non mangia il pesce soup-1992656_960_720
  • L’humus di ceci è un piatto della tradizione  mediorientale, ma sempre più usato anche in Italia. E’ un piatto semplicissimo, costituito da ceci, salsa tahina (fatta con i semi di sesamo) e per chi volesse un po’ di limone. L’humus è cremoso, quindi ideale da spalmare su pane, gallette o con verdure tipo carote o sedani. Una variante dell’humus classico è quello rosa, in cui insieme ai ceci e alla tahina si frulla un pezzetto di rapa rossa bollita 313baabc-0027-4d2d-8a97-756ca8bfa010

Ci sono poi dei piatti a base di legumi che sono piatti unici validi tutto l’anno.

  • I burger vegetali possono essere di tantissimi tipi, molti si trovano già al supermercato, ma è possibile farli in casa semplicemente frullando (non troppo) il legume che si preferisce, usare un legante (patate o farina di ceci o farina integrale), dare la forma con un coppapasta o con un servigelato (se si preferisce la versione polpette), e infine insaporire con le spezie preferite o con semi oleosi. I burger vegetali sono ottimi abbinati con un po’ di verdura e un po’ di patate, o in alternativa il pane integrale e902e811-93b9-4426-9990-1297149539df
  • Il piatto unico legumi-cereali-verdura, un mix che possiamo spesso trovare nei ristoranti etnici, molto comodo e utile per svuotare il frigo e la dispensa. Nella foto un esempio: lenticchie arancioni decorticate con il curry, riso basmati e zucchine con sesamo.eb28e9db-7083-495b-9545-228baf333cc0

I legumi, questi sconosciuti (parte 1)

Quando chiedo ai pazienti cosa mangiano per cena, spesso mi sento rispondere “la carne”, andando poi avanti con l’anamnesi mi rendo conto che molte persone hanno la consapevolezza di mangiarne troppa. Quando poi indago sul consumo di legumi di solito mi sento rispondere “mi piacciono molto, ma non so come cucinarli”.

Proprio per questo motivo ho deciso di scrivere questo articolo per conoscere meglio i legumi e dare qualche suggerimento su come consumarli.

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Dalla piramide alimentare possiamo osservare che il consumo di carne, soprattutto quella rossa, deve essere moderato, dando la precedenza al pesce e agli alimenti vegetali, ricchi in fibra e antiossidanti.

La più importante fonte di proteine vegetali è rappresentata dai legumi, tra i più comuni troviamo i vari tipi di fagioli, i piselli, i ceci, le lenticchie e la soia (i cui fagioli acerbi sono chiamati edamame). Sono legumi anche le fave, i lupini, le cicerchie e le arachidi. Un discorso a parte va fatto per i fagiolini, che pur appartenendo alla famiglia delle leguminose, hanno proprietà nutritive analoghe agli ortaggi, e non ai legumi.

  • I Piselli sono ricchi di vitamina C e acido folico, sono però tra tutti quelli con un contenuto proteico inferiore.
  • I Fagioli sono una buona fonte di proteine e di carboidrati complessi, sono ricchi di minerali come Calcio, Fosforo, Potassio e Ferro, sono anche una fonte di lecitina, utile per regolare i valori di colesterolo LDL.
  • I Ceci sono ricchi di proteine e di grassi buoni, contengono vitamine del gruppo B, C ed E, sono anche ricchi di Magnesio e Fosforo.
  • Le Lenticchie invece, oltre ad essere una buona fonte di proteine e di vitamine del gruppo B, sono ricche di Ferro.
  • La Soia, il cui consumo va valutato in caso di alcune patologie, è ricca di proteine, grassi buoni, lecitina, fitoestrogeni e isoflavoni, vitamine del gruppo B, Ferro e Potassio.

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Nel prossimo articolo vedremo alcuni consigli per cucinarli in vari modi per adattarli anche alle diverse stagioni.

Uova (parte 2): saper leggere le confezioni e i codici

Nell’articolo precedente ho parlato delle proprietà delle uova dal punto di vista nutrizionale, ora vorrei parlare di un altro tema, a mio avviso, altrettanto importante, ovvero i tipi di allevamento.

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Partendo dalla confezione, infatti, possiamo trovare una prima, fondamentale, informazione riguardo al codice di allevamento delle galline ovaiole.

  • codice 3 – allevamento in gabbia o batteria: le galline vivono all’interno di gabbie, anche su più piani, all’interno di capannoni, sottoposte a illuminazione artificiale ciclica. Lo spazio a disposizione per ogni gallina è di 750 cm2 (per intenderci circa un foglio A4), il becco viene spuntato per evitare che gli animali si feriscano tra loro
  • codice 2 – allevamento a terra: le galline vivono all’interno di capannoni, non all’interno di gabbie. Lo spazio a disposizione è di circa 9 galline in 1 m2, il becco viene spuntato.
  • codice 1 – allevamento all’aperto: le galline vivono in capannoni con densità di circa 9 galline in 1 m2, ma gli animali hanno la possibilità di accedere ad uno spazio aperto in cui ogni gallina ha a disposizione circa 4m2, il becco non viene spuntato.
  • codice 0 – allevamento biologico: le galline vengono nutrite solo con cibi biologici, generalmente cereali, vivono in capannoni con densità di circa 6 galline in 1 m2, ma gli animali hanno la possibilità di accedere ad uno spazio aperto con vegetazione e zone d’ombra in cui ogni gallina ha a disposizione circa 4m2, il becco non viene spuntatoRisultati immagini per hen

Osservando poi l’interno della confezione, possiamo notare che nell’uovo è indicato un codice contenente lettere e numeri, in questo codice è riassunta tutta la storia dell’uovo.

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  1. Il primo numero, in questo caso 0, indica la tipologia di allevamento (0 = allevamento biologico, 1 = allevamento all’aperto, 2 = allevamento a terra, 3 = allevamento in batteria).
  2. IT significa che ha origini italiane.
  3. I successivi 3 numeri corrispondono al comune dell’allevamento.
  4. Le due lettere (BO in questo caso), indicano la provincia di appartenenza.
  5. Gli ultimi 3 numeri corrispondono all’allevamento di deposizione.

Riflettiamo bene su cosa stiamo acquistando, ogni prodotto dietro nasconde una storia, e la nostra scelta per un’alimentazione più consapevole parte sempre dal supermercato.

 

Uova (parte 1): le proprietà e le controindicazioni di questo alimento

Le uova sono un alimento fortemente dibattuto, da un lato contengono proteine di ottimo valore biologico, tutti gli aminoacidi essenziali, la vitamina A, vitamine del gruppo B, acido folico e numerosi minerali; dall’altro lato, però, è presente un’alta concentrazione di grassi e di colesterolo. Questa composizione ha sempre considerato l’uovo un alimento a rischio per patologie cardiovascolari.

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L’uovo si compone di due parti, l’albume e il tuorlo. L’albume è costituito prevalentemente da acqua, da proteine e da minerali, il tuorlo, al contrario, è costituito prevalentemente da grassi e da colesterolo, nel tuorlo troviamo il 90% della razione giornaliera di colesterolo consentita. Altre componenti sono la luteina e la zeaxantina, sostanze antiossidanti che conferiscono il colore giallo e che aumentano la concentrazione di vitamina A.

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Sono stati effettuati molti studi sull’argomento e sembra che in soggetti sani un consumo di uova (fino massimo 6 a settimana) non aumenti il rischio cardiovascolare. Un discorso a parte viene fatto per i soggetti diabetici,  nei quali sembra esserci una maggior correlazione tra un consumo elevato di uova e alcuni tipi di patologie del sistema cardiocircolatorio.

Il Ministero della Salute, all’interno delle linee guida per una corretta alimentazione, consiglia un numero massimo di 4 uova a settimana (per un soggetto sano), distribuite in giorni diversi.

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Nel prossimo articolo parlerò del significato dei codici della uova che troviamo sulla confezione, per essere più informati e per poter fare una spesa più etica e consapevole.